Come funziona una seduta dall’Osteopata

La seduta inizia sempre con un colloquio preliminare durante cui il paziente espone il motivo di consultazione. È una fase piuttosto delicata perché l’Osteopata deve eseguire una valutazione di esclusione.

In altri termini deve cercare di capire se il problema sia o meno di natura osteopatica.

In effetti non tutte le malattie hanno un’origine osteopatica. In questo senso il dialogo, la collaborazione, il confronto continuo con medici e specialisti è assolutamente fondamentale. Chiarito questo aspetto e se si ritiene necessario allora si procede con la seduta vera e propria che inizia sempre con l’esame osteopatico.

L’esame osteopatico

Il paziente si spoglia (mai oltre la biancheria intima) in modo da essere più facilmente ispezionabile e l’osteopata comincia a cercare i problemi relativi alla mobilità, le lesioni osteopatiche primarie.

Si comincia generalmente con un esame visivo in modo da osservare la postura, gli adattamenti della colonna vertebrale, l’appoggio plantare, le rotazioni degli arti e altri aspetti legati alla statica e alla dinamica.

Fatto questo si passa al test osteopatico vero e proprio che è basato sulla sensibilità manuale. L’osservazione è utile, dà indicazioni importanti, ma l’unica vera arma a disposizione dell’osteopata, in effetti, è proprio la sensibilità della mano.

Si individuano prima le zone critiche ad ampio raggio e poi si arriva gradatamente a circoscrivere le parti coinvolte, fino a individuare le lesioni primarie.

A tale scopo esistono moltissimi test di mobilità che vengono eseguiti tutti manualmente. Si testano le articolazioni della colonna vertebrale, degli arti, i visceri e il cranio. Per ciascun organo, che sia un osso o una parte molle, esiste un test specifico che non è mai né invasivo né fastidioso né doloroso.

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sintomi espressi dal paziente a volte non aiutano la ricerca delle lesioni osteopatiche, anzi potrebbero addirittura essere fuorvianti perché i focolai lesionali principali non sono quasi mai di per sé dolorosi o fastidiosi. Pertanto la ricerca delle disfunzioni è completamente scollegata dai sintomi.
Per esempio un dolore ad un’anca potrebbe essere causato da un problema di mobilità a livello dell’osso frontale, senza che il paziente abbia male alla fronte. Un paziente che lamenti vertigini e nausea potrebbe essere affetto da un problema di mobilità a livello di una scapola o del diaframma. Situazioni del genere sono assolutamente ordinarie.

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Il sintomo in generale è considerato solo un campanello di allarme che segnala la presenza di una situazione non fisiologica, di uno squilibrio globale: dopodiché il problema deve essere ricercato con i criteri esposti in precedenza.

Le tecniche osteopatiche
Una volta individuato il problema non resta che correggerlo. Le tecniche osteopatiche sono numerosissime. Come già specificato qualsiasi parte del corpo può essere soggetta a restrizioni della propria mobilità e per ogni parte esiste senz’altro più di una manovra correttiva. Quindi si può facilmente immaginare quante manovre esistano.

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E naturalmente le tecniche sono molto diverse tra loro: trattare un osso craniale, un viscere o un femore implica un’evidente differenza metodica.
Le tecniche comunque sono generalmente indolori, non invasive e anzi addirittura piacevoli. La correzione infatti va sempre nel senso della fisiologia, riporta l’organismo verso l’equilibrio, verso l’armonia funzionale. E naturalmente il paziente lo percepisce. Addirittura, nella fasi più delicate della seduta, può capitare che un paziente si addormenti.
A fine seduta molto spesso il paziente si sente più rilassato e avverte un senso di benessere abbastanza immediato, anche se gli adattamenti più importanti avvengono poi nel corso del tempo.

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