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BRUXISMO E SINDROME TEMPORO-MANDIBOLARE: CAUSE, SINTOMI E RIMEDI

Il bruxismo e la sindrome temporo-mandibolare (TMD) sono due disturbi legati alla salute della bocca e della mandibola che spesso vengono confusi, ma che, pur essendo distinti, possono manifestarsi insieme o alimentarsi a vicenda. Entrambi possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita, causando dolore, disagio e, se non trattati, danni permanenti ai denti e alle articolazioni della mandibola. In questo articolo esploreremo cosa sono il bruxismo e la sindrome temporo-mandibolare, i loro sintomi, le cause e le soluzioni per gestirli.

Cos’è il bruxismo:

Il bruxismo è una condizione caratterizzata dal digrignamento o serramento dei denti in modo involontario, che avviene principalmente durante la notte (bruxismo notturno), ma può manifestarsi anche durante il giorno (bruxismo diurno). Questo disturbo può causare danni ai denti, usura della superficie dentale, sensibilità dentale, mal di testa e dolore muscolare.

Sintomi del bruxismo:

  • Digrignamento o serramento dei denti, soprattutto di notte.
  • Mal di testa o dolore facciale, specialmente al risveglio.
  • Dolore o tensione nei muscoli della mascella.
  • Usura dei denti, con possibile esposizione della dentina.
  • Sensibilità dentale aumentata.
  • Suono di “scricchiolio” durante il sonno.
  • 2wDisturbi del sonno.

Cos’è la sindrome temporo-mandibolare:

La sindrome temporo-mandibolare (o disfunzione temporo-mandibolare, DTM) riguarda un insieme di disturbi che colpiscono l’articolazione temporo-mandibolare (ATM), che è quella che collega la mandibola al cranio. L’ATM consente alla mandibola di muoversi in tutte le direzioni necessarie per parlare, masticare e sbadigliare. Quando questa articolazione o i muscoli circostanti sono danneggiati o si trovano in uno stato di tensione, si possono sviluppare sintomi dolorosi e debilitanti.

Sintomi della sindrome temporo-mandibolare:

  • Dolore o rigidità nella mandibola o nelle tempie.
  • Difficoltà a aprire la bocca completamente.
  • Rumori (clic, scatti o scricchiolii) durante i movimenti della mandibola.
  • Mal di testa frequenti, simili a quelli da tensione.
  • Dolore al collo, spalle o orecchie.
  • Sensazione di orecchie tappate o vertigini.

Cause del Bruxismo e della Sindrome Temporo-Mandibolare

Sebbene i due disturbi possano avere cause simili, è importante sottolineare che possono anche essere influenzati da fattori diversi. Spesso, infatti, il bruxismo è una delle cause principali della disfunzione temporo-mandibolare.

Cause del bruxismo:

  1. Stress e ansia: La tensione emotiva è una delle cause più comuni del bruxismo. Durante i periodi di stress o preoccupazione, il corpo tende a “scaricare” la tensione attraverso il serramento dei denti.
  2. Problemi psicologici: Ansia, depressione o altre condizioni psicologiche possono incrementare la frequenza del bruxismo.
  3. Abitudini sbagliate: Fumare, bere alcolici o consumare caffeina, soprattutto la sera, possono aggravare il disturbo.
  4. Malocclusioni dentali: Un allineamento scorretto dei denti può contribuire al bruxismo.
  5. Disturbi del sonno: Apnea notturna o insonnia possono favorire il digrignamento dei denti.
  6. Disbiosi intestinale: alterazione della flora batterica intestinale, oltre che colite, reflusso e turbe digestive può causare bruxismo.

Cause della sindrome temporo-mandibolare:

  1. Tensione muscolare: Lo stress e l’ansia possono anche causare contrazioni muscolari che sovraccaricano l’articolazione temporo-mandibolare.
  2. Lesioni traumatiche: Un trauma facciale o mandibolare può danneggiare l’ATM.
  3. Malocclusioni dentali: Anche un cattivo allineamento dei denti o un morso irregolare possono alterare il normale funzionamento dell’ATM.
  4. Eccessiva sollecitazione: Digrignare i denti, come avviene nel bruxismo, può provocare un sovraccarico dell’articolazione, contribuendo alla disfunzione temporo-mandibolare.
  5. Fattori genetici: Alcuni studi suggeriscono che la predisposizione a sviluppare la sindrome temporo-mandibolare possa essere legata a fattori genetici.

Rimedi per il Bruxismo e la Sindrome Temporo-Mandibolare

La gestione di entrambi i disturbi richiede un approccio personalizzato che può combinare cambiamenti nello stile di vita, trattamenti fisici e, in alcuni casi, interventi medici.

Trattamenti per il bruxismo:

  1. Bite dentale (splint occlusale): Questo è uno dei rimedi più comuni per prevenire il danno ai denti. Un bite personalizzato protegge i denti e riduce la tensione muscolare.
  2. Gestione dello stress: Tecniche di rilassamento come la meditazione o la respirazione profonda possono essere molto utili nel ridurre lo stress e prevenire il bruxismo.
  3. Esercizio terapeutico: allo scopo di ridurre la tensione dei macoli masticatori e migliorare la mobilità articolare dell’ATM.

4. Osteopatia e massoterapia: il trattamento osteopatico e massoterapia è molto utile nel trattamento di tutta la zona facciale, buccale ed anche cervicale allo scopo di ridurre la tensione e gli spasmi muscolari correlati e ridurre il dolore.

5. Farmaci: In alcuni casi, possono essere prescritti farmaci per rilassare i muscoli o per trattare l’ansia, che spesso è una causa scatenante.

Conclusioni

Sebbene il bruxismo e la sindrome temporo-mandibolare siano disturbi distinti, è importante riconoscere che possono spesso coesistere e influenzarsi reciprocamente. Se soffri di uno di questi problemi, o di entrambi, è essenziale consultare un professionista della salute per una diagnosi accurata e per scegliere il trattamento più adatto alla tua situazione.

La gestione precoce di questi disturbi può prevenire danni permanenti ai denti, alleviare il dolore e migliorare la qualità della vita. Con una combinazione di tecniche di rilassamento, cure odontoiatriche, fisioterapia e, se necessario, farmaci, è possibile trovare sollievo e recuperare una funzione ottimale della mandibola e dei denti.

STENOSI DEL CANALE VERTEBRALE: CAUSE, SINTOMI, TRATTAMENTO CONSERVATIVO

La stenosi è un termine medico che indica il restringimento di un orifizio o di un canale, con conseguente compressione del suo contenuto o impedimento al corretto passaggio. Nel contesto della colonna vertebrale, si parla di stenosi spinale, che si verifica quando lo spazio che ospita il midollo spinale e le radici nervose si riduce. Questo canale vertebrale, che collega il cervello con il resto del corpo, è essenziale per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Quando viene compresso, il risultato può essere particolarmente doloroso e, nei casi più gravi, può compromettere seriamente la salute. La stenosi spinale è una condizione relativamente comune che può avere cause sia congenite (presenti fin dalla nascita) che acquisite (derivanti da processi degenerativi o traumi).

In questo articolo, esploreremo le cause, i sintomi, gli esami diagnostici, i livelli di gravità e le opzioni di trattamento conservativo per la stenosi lombare.

Cause di stenosi del canale vertebrale:

La stenosi del canale lombare può essere causata da vari fattori, alcuni legati all’invecchiamento, altri a patologie specifiche o traumi. Le cause più comuni includono:

– Invecchiamento e degenerazione: Con l’avanzare dell’età, i dischi intervertebrali perdono elasticità e altezza, mentre le articolazioni faccettali si ingrandiscono. Questi cambiamenti possono ridurre lo spazio disponibile per il midollo spinale e i nervi, provocando la stenosi.

– Ernia del disco: Un disco intervertebrale può fuoriuscire dalla sua posizione normale e comprimere le radici nervose, causando stenosi.

– Spondilolistesi: La slittamento di una vertebra sopra l’altra può ridurre lo spazio del canale spinale, generando la stenosi.

Artrosi: Le modificazioni degenerative delle articolazioni vertebrali possono favorire la formazione di osteofiti (sporgenze ossee), che contribuiscono al restringimento del canale.

– Infezioni o tumori: Sebbene rari, tumori o infezioni possono compromettere l’integrità della colonna vertebrale e causare stenosi.

– Congenita: In alcuni casi, la stenosi può essere congenita, ovvero presente fin dalla nascita, a causa di un canale spinale naturalmente più stretto.

Sintomi della stenosi del canale vertebrale:

I sintomi della stenosi lombare dipendono dalla gravità della condizione e dall’area della colonna vertebrale interessata. I sintomi più comuni includono:

Dolore lombare: Il dolore nella parte inferiore della schiena è uno dei sintomi più frequenti.

Claudicatio neurogena: Si tratta di una sensazione di debolezza o di crampi nelle gambe, che peggiora durante la camminata e migliora con il riposo. Questo sintomo è causato dalla compressione delle radici nervose.

– Intorpidimento e formicolio: Può verificarsi nelle gambe o nei piedi, a causa della compressione dei nervi spinali.

Debolezza muscolare: La compressione nervosa può causare debolezza nelle gambe, compromettendo la capacità di camminare o mantenere l’equilibrio.

Problemi di controllo della vescica o dell’intestino: In casi gravi, la stenosi lombare può influire sulla funzione dei nervi che controllano la vescica e l’intestino, portando a incontinenza o difficoltà a svuotare la vescica.

Una caratteristica distintiva della stenosi spinale è il peggioramento dei sintomi durante la deambulazione o quando si rimane in piedi per periodi prolungati. Al contrario, il dolore tende a diminuire significativamente con il riposo, così come con la flessione in avanti del tronco.

Molti pazienti con stenosi spinale, infatti, adottano una postura incurvata in avanti mentre camminano, poiché questa posizione allevia il dolore, mentre l’estensione della colonna vertebrale, come quando si raddrizzano, può peggiorare il discomfort.

Livelli di Gravità della Stenosi del canale vertebrale:

La stenosi del canale vertebrale può variare in gravità, da forme lievi con sintomi occasionali a forme gravi che compromettono significativamente la qualità della vita. La classificazione della gravità si basa generalmente su quanto è ristretto il canale spinale e sull’intensità dei sintomi. In genere, si distinguono tre gradi di stenosi:

1.Stenosi lieve: Il restringimento del canale è minimo e i sintomi sono lievi o assenti.

2.Stenosi moderata: Il restringimento è più evidente e i sintomi (come il dolore e la debolezza) possono diventare più frequenti e debilitanti.

3.Stenosi grave: Il canale è significativamente ristretto, e i sintomi sono severi, con compromissione delle funzioni motorie e sensoriali. In alcuni casi, può verificarsi la perdita del controllo della vescica o dell’intestino.

Trattamento Conservativo della Stenosi del canale vertebrale:

La maggior parte delle persone con stenosi lombare può gestire la condizione attraverso trattamenti conservativi, che mirano a ridurre il dolore, migliorare la funzionalità e rallentare la progressione della malattia. Le opzioni terapeutiche includono:

Farmaci: Gli analgesici, come gli anti-infiammatori non steroidei (FANS), sono spesso usati per alleviare il dolore. In alcuni casi, si ricorre anche a farmaci miorilassanti per ridurre la tensione muscolare o a steroidi per ridurre l’infiammazione.

– Rieducazione motoria/esercizio terapeutico: fondamentale per rinforzare i muscoli della schiena, migliorare la postura e la mobilità, e alleviare la pressione sulla colonna vertebrale. Gli esercizi di stretching, rafforzamento e stabilizzazione possono migliorare significativamente la qualità della vita.

Iniezioni epidurali di steroidi: Le iniezioni di cortisone nell’area epidurale possono ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore in modo temporaneo.

Modifiche dello stile di vita: La gestione del peso, l’adozione di una postura corretta e l’evitare sforzi eccessivi sono importanti per ridurre la pressione sulla colonna vertebrale.

Dispositivi ortopedici: In alcuni casi, può essere utile l’uso di un corsetto ortopedico per stabilizzare la colonna vertebrale e migliorare il comfort.

Conclusione:

La stenosi del canale lombare è una condizione che può causare una varietà di sintomi, dalla semplice lombalgia alla disabilità grave. Tuttavia, con una diagnosi precoce e un trattamento conservativo adeguato, è possibile gestire efficacemente la condizione e migliorare la qualità della vita. Se soffri di dolore alla schiena, debolezza o difficoltà a camminare, è importante consultare un medico per una valutazione accurata e per esplorare le opzioni terapeutiche più adatte al tuo caso.

esercizi di neurodinamica: cosa sono, perchè si fanno, a chi servono e quali benefici offrono

La neurodinamica è una disciplina che si interseca tra la neurologia e la rieducazione motoria, concentrandosi sul movimento e il trattamento del sistema nervoso. Gli esercizi di neurodinamica sono specifici per migliorare l’interazione tra il sistema nervoso e le strutture muscoloscheletriche, promuovendo la salute e la funzionalità del corpo. In questo articolo, esploreremo in dettaglio cosa sono gli esercizi di neurodinamica, perché vengono effettuati, a chi sono indicati e quali benefici possono offrire.

Cosa sono gli esercizi di Neurodinamica?

Gli esercizi di neurodinamica sono tecniche di stretching e mobilizzazione progettate per ottimizzare il movimento del sistema nervoso. Questi esercizi si concentrano sul miglioramento della mobilità dei nervi, che possono diventare “bloccati” o “irritati” a causa di tensioni, infiammazioni o compressioni. Le tecniche impiegate mirano a ripristinare il corretto scorrimento dei nervi all’interno dei tessuti circostanti, favorendo la trasmissione dei segnali nervosi e riducendo il dolore.

Perché si fanno gli esercizi di Neurodinamica?

Ci sono diverse ragioni per cui si raccomandano gli esercizi di neurodinamica:

1. Riduzione del Dolore: Molti pazienti soffrono di dolori neuropatici causati da compressioni o irritazioni nervose. Gli esercizi aiutano a ridurre queste condizioni e alleviare il dolore.

2. Miglioramento della Mobilità: La mobilità del sistema nervoso è essenziale per il movimento fluido delle articolazioni e dei muscoli. Gli esercizi favoriscono la fluidità e la coordinazione dei movimenti.

3. Prevenzione di Infortuni: Un sistema nervoso sano è fondamentale per la prevenzione di infortuni. Questi esercizi possono contribuire a mantenere i nervi “in forma” e prendersi cura della salute muscoloscheletrica.

4. Riabilitazione: Dopo un infortunio o un intervento chirurgico, gli esercizi di neurodinamica possono essere parte del protocollo di riabilitazione per ripristinare la funzionalità nervosa.

5. Gestione di Condizioni Croniche: Questi esercizi sono spesso utili per gestire condizioni come la sciatica, la sindrome del tunnel carpale, e altre affezioni neurologiche croniche.

A Chi servono gli esercizi di Neurodinamica?

Gli esercizi di neurodinamica possono beneficiare una vasta gamma di persone, tra cui:

Persone con Dolori Cronici: Che soffrono di condizioni come mal di schiena, lombalgia, o dolori neuropatici.

Pazienti in Riabilitazione: Dopo un intervento chirurgico o un infortunio muscolare o scheletrico.

Occupazioni Sedentarie: Persone che passano molto tempo sedute possono trarre beneficio dalla mobilizzazione del sistema nervoso.

Atleti: Che desiderano migliorare le loro prestazioni e prevenire infortuni.

Benefici degli esercizi di Neurodinamica:

I benefici degli esercizi di neurodinamica sono molteplici e possono includere:

1. Aumento della Sensibilità: Gli esercizi possono aumentare la sensibilità e la consapevolezza del proprio corpo, aiutando a migliorare la postura e la meccanica del movimento.

2. Ritrovare la Funzionalità: Favoriscono il recupero da infortuni, permettendo un ritorno sicuro alle attività quotidiane e sportive.

3. Miglioramento della Circolazione: Con una migliore mobilità dei nervi, si promuove anche un flusso sanguigno migliore, contribuendo alla salute generale dei tessuti.

4. Riduzione dell’Ansia e dello Stress: L’attività fisica associata agli esercizi di neurodinamica può anche avere un impatto positivo sull’umore e sul benessere psicologico.

Conclusioni:

Gli esercizi di neurodinamica rappresentano un approccio innovativo e efficace per la gestione del dolore, la riabilitazione e la prevenzione degli infortuni. Integrando queste tecniche nella vita quotidiana, è possibile migliorare la qualità della vita e promuovere una maggiore consapevolezza del proprio corpo.

ernie, protusioni, discopatie cervicali: cause sintomi

L’ernia e le protrusioni cervicali sono condizioni patologiche che possono causare un significativo disagio e riduzione della qualità della vita. I dischi intervertebrali del tratto cervicale svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere la stabilità e la mobilità del collo.

L’ernia cervicale, nota anche come ernia del disco cervicale, si verifica quando parte del materiale gelatinoso presente all’interno dei dischi intervertebrali fuoriesce dai suoi confini naturali. Questa condizione causa una protuberanza del disco che può esercitare pressione sulle radici nervose che si dirigono verso un braccio e, in alcuni casi, anche sul midollo spinale.

Il sintomo principale associato all’ernia cervicale è il dolore al collo, che può irradiare verso le spalle o le braccia. Oltre al dolore, i pazienti potrebbero sperimentare anche debolezza muscolare negli arti superiori, difficoltà nei movimenti, formicolii e sensazioni di intorpidimento alle braccia, nonché mal di testa.

In genere, l’ernia cervicale può svilupparsi a seguito di traumi nella regione cervicale, come i colpi di frusta, l’esposizione a carichi eccessivi sulla colonna vertebrale o una postura errata mantenuta nel tempo.

Differenze tra ernia, protrusione e discopatia:

Sebbene i termini “ernia” e “protrusione” vengano spesso usati in modo intercambiabile, esistono differenze importanti. La protrusione discale si verifica quando il nucleo polposo del disco si sposta leggermente, ma la parte esterna del disco rimane intatta. Al contrario, un’ernia cervicale implica una rottura della parte esterna del disco, con il nucleo che fuoriesce e può comprimere le radici nervose circostanti. In aggiunta, la discopatia è un termine generale che si riferisce a qualsiasi malattia dei dischi intervertebrali, comprese le protrusioni e le ernie, e spesso è caratterizzata da degenerazione e disidratazione del disco.

Cosa non fare in questa condizione:

È fondamentale evitare alcune attività che potrebbero aggravare la condizione. Tra queste vi sono sollevamenti di pesi eccessivi, movimenti bruschi del collo, posture scorrette e prolungate, e attività che richiedono torsioni o flessioni del collo. È anche consigliato limitare l’uso di dispositivi elettronici che richiedono di tenere la testa in avanti per periodi prolungati, in quanto questa posizione può aumentare la pressione sulla colonna cervicale.

Cure in fase acuta:

Durante la fase acuta di un’ernia o protrusione cervicale, il trattamento dovrebbe mirare a ridurre il dolore e l’infiammazione. Analgesici e antinfiammatori non steroidei (FANS) possono essere utilizzati per alleviare il dolore. In alcuni casi, il medico può raccomandare l’uso di un collare cervicale per limitare i movimenti del collo e facilitare il riposo. La terapia fisica può iniziare con l’applicazione di terapia strumentale (laser o tecar) per ridurre l’infiammazione, seguita da tecniche di mobilizzazione dolce quando il dolore inizia a diminuire.

Cosa fare a scopo preventivo e conservativo in fase sub acuta o in assenza di dolore:

In fase sub acuta o in assenza di dolore, è importante mantenere un approccio preventivo e conservativo. Ciò include esercizi di stretching e mobilità dolci e rinforzo muscolare specifico per il collo, che possono aiutare a migliorare la stabilità e la flessibilità. È fondamentale anche educarsi sulla corretta postura durante le attività quotidiane e su come mantenere ergonomia adeguata, sia in casa che sul posto di lavoro. Pratiche come la ginnastica posturale sono molto utili per il riequilibrio globale.

L’utilità della terapia manuale:

La terapia manuale osteopatica può essere particolarmente utile nella gestione dei sintomi associati a ernia e protrusione cervicale. Tecniche come la mobilizzazione articolare e il rilascio miofasciale possono contribuire a ridurre la tensione muscolare, migliorare la gamma di movimenti e favorire un recupero più rapido. Questa terapia può anche supportare il ripristino dell’equilibrio muscolare e alleviare la pressione sulle radici nervose implicate.

L’importanza dell’esercizio terapeutico di mantenimento:

Infine, è cruciale sottolineare l’importanza dell’esercizio terapeutico di mantenimento per prevenire ricadute e gestire il benessere a lungo termine. L’attività fisica regolare, combinata con esercizi specifici per la cervicale, non solo migliora la forza e la flessibilità, ma contribuisce anche a un migliore stato di salute generale. Creare una routine di esercizi che includa stretching, rinforzo e attività aerobiche aiuta a mantenere la colonna cervicale in salute e riduce il rischio di sviluppare ulteriori problemi spinali.

Conclusione:

In conclusione, l’ernia e le protrusioni cervicali possono essere gestite efficacemente attraverso una combinazione di interventi medici, terapie fisiche e pratiche preventive. È fondamentale consultare un professionista della salute per una valutazione adeguata e per personalizzare il piano di trattamento, assicurando così il miglior percorso di recupero possibile.

PERCHE’ E’ CONTROINDICATO ALLENARSI DOPO UN TRATTAMENTO OSTEOPATICO O UN MASSAGGIO DECONTRATTURANTE

Quando si parla di benessere fisico, molti di noi sono consapevoli dell’importanza di un allenamento regolare e di trattamenti manuali come l’osteopatia e il massaggio decontratturante. Questi ultimi sono pratiche che possono apportare numerosi benefici, aiutando a ridurre tensioni muscolari, migliorare la circolazione e favorire il recupero dell’organismo. Tuttavia, è importante considerare che l’allenamento immediatamente dopo un trattamento di questo tipo può non essere la scelta migliore. Scopriamo insieme perché.

1. Rilascio di tensione e rilassamento muscolare

Uno dei principali obiettivi di un trattamento osteopatico o di un massaggio decontratturante è quello di rilassare i muscoli tesi e rilasciare eventuali blocchi nel corpo. Quando ci si allena subito dopo, si va a sollecitare i muscoli e le articolazioni che il trattamento ha tentato di rilassare. Questo può compromettere l’efficacia del trattamento e causare tensioni muscolari nuove o addirittura peggiorate.

2. Recupero dell’organismo

Dopo un massaggio o un trattamento osteopatico, il corpo ha bisogno di tempo per adattarsi ai cambiamenti. Gli interventi manuali possono stimolare il sistema circolatorio, il sistema linfatico e incidere sull’equilibrio dei fluidi nel corpo. Allenarsi troppo presto potrebbe interferire con questi processi naturali di recupero, ostacolando l’adattamento dell’organismo ai benefici ricevuti dal trattamento.

3. Rischio di infortuni

Il rilassamento muscolare indotto da un massaggio o da un trattamento osteopatico può portare a una temporanea diminuzione del tono muscolare. Questo stato di rilassamento può rendere i muscoli e le articolazioni più vulnerabili a eccessive sollecitazioni o sovraccarichi, aumentando il rischio di infortuni durante l’allenamento. È fondamentale ascoltare il proprio corpo e non sottovalutare il rischio di stress surplus su strutture muscolari e articolari.

4. Effetti sulle performance sportive

Se si è appena ricevuto un trattamento, il corpo potrebbe non risultare perfettamente in forma per l’allenamento immediato. I segni di affaticamento o un’eventuale sensazione di pesantezza potrebbero influire negativamente sulle performance sportive. Invece di affrontare un buon allenamento, ci si potrebbe ritrovare a faticare di più o a rischiare infortuni, generando una frustrazione indesiderata.

5. Tempi di recupero personalizzati

Ogni corpo reagisce in modo diverso ai trattamenti terapeutici. Alcuni potrebbero sentirsi immediatamente rinfrescati e pronti per l’allenamento, mentre altri potrebbero aver bisogno di più tempo per recuperare e assimilare gli effetti del trattamento. È sempre consigliabile dare ascolto al proprio corpo e, quando possibile, consultarsi con il professionista che ha somministrato il trattamento per determinare il momento ottimale per riprendere l’attività fisica.

Conclusioni

In sintesi, sebbene sia naturale voler tornare all’allenamento il prima possibile, è fondamentale rispettare il processo di recupero dopo ricevere un trattamento osteopatico o un massaggio decontratturante. Prendersi il tempo necessario per lasciare che il corpo assorba i benefici del trattamento porterà a risultati a lungo termine decisamente più positivi. Perché la chiave per un benessere duraturo risiede nell’ascoltarsi e nel rispettare il proprio corpo.

SCOPRI LE 5 STRATEGIE PER TRASFORMARE IL TUO ESERCIZIO TERAPEUTICO DA OBBLIGO A PIACERE E MANTENERE LA MOTIVAZIONE!

In una stanza illuminata da una calda luce pomeridiana, accolgo i miei pazienti con un sorriso. Ogni volta che un nuovo volto si siede di fronte a me, ricordo le speranze e le paure che accompagnano il loro viaggio di guarigione. Molti di loro arrivano con un bagaglio di frustrazioni: dolori persistenti che bloccano la loro vita quotidiana, limitazioni fisiche che impediscono loro di godere delle piccole gioie. Eppure, nonostante il nostro accordo su un piano di esercizio terapeutico, c’è una costante, un cuore pulsante di sfida che si ripete nel nostro percorso.

Ho visto pazienti iniziare un programma con entusiasmo, gli occhi brillanti e la volontà ferrea di riappropriarsi della propria vita. Ma poi, con il passare del tempo, noto un cambiamento: il sorriso si affievolisce, e la motivazione si trasforma in fatica, una noia da dover affrontare. E così, il ciclo comincia. Prima ci si esercita, poi ci si arrende. Appena i sintomi migliorano, gli esercizi vengono accantonati come se fossero un vecchio libro di cui ci si è stancati di leggere.

Questa situazione è una lotta familiare per molti di noi terapisti. Ma perché, nonostante i benefici tangibili e duraturi dell’esercizio, così spesso scivoliamo nel dimenticatoio delle buone abitudini? È un problema profondo, radicato nella nostra percezione del benessere e nella nostra relazione con il movimento. Ecco perché è fondamentale non solo imparare a costruire buone abitudini, ma anche a preservarle nel tempo. La vera trasformazione non si verifica nel breve periodo, ma nella costante applicazione di ciò che abbiamo imparato.

Settembre, il mese dei buoni propositi, è un momento perfetto per trasformare il “devo” in “voglio” e riscoprire il potere di una routine che celebra il nostro corpo. Spesso bloccati da una mente affaticata, ci ritroviamo a rinviare il raggiungimento dei nostri obiettivi, sia che si tratti di fare sport, mangiare sano o migliorare la produttività. Ma con alcune strategie pratiche e nuovi modi di vedere l’esercizio, ogni movimento può diventare un passo verso una vita migliore, anziché una fatica da sopportare. La chiave sta nel trovare l’ispirazione per instaurare e mantenere buone abitudini nel tempo, rendendo la nostra quotidianità una celebrazione del benessere.

1. Comprendere il Potere delle Abitudini:

Stimolo, Routine e Premio
Secondo la psicologia, il nostro cervello tende ad evitare il cambiamento per risparmiare energia. Per modificare i nostri comportamenti, dobbiamo allenarlo attraverso tre fattori chiave:

– Stimolo: Trova un motivo valido per provare una nuova attività.
– Routine: Ripeti l’attività in modo costante.
– Premio: Offrirti una gratificazione quando raggiungi i tuoi obiettivi.

Essere Precisi
Un aspetto cruciale per instaurare una nuova abitudine è la chiarezza. Essere specifici su cosa intendiamo fare aumenta le probabilità di successo. Ad esempio, invece di dire “Voglio fare più esercizio”, prova con “Voglio correre 10 minuti al giorno”.

2. Iniziare con Piccoli Passi:

Non Strafare
La psicologia suggerisce che obiettivi troppo ambiziosi possono scoraggiare. Comincia con piccoli obiettivi, ad esempio, una camminata lenta anziché un allenamento intenso.

Rendere l’Abitudine Facile
Vivi una vita salutare? Riduci la tentazione eliminando cibi non salutari dalla tua dispensa. Le abitudini diventano automatiche quando sono facili da seguire.

3. Dare il tempo al cambiamento:

Secondo gli studi, ci vogliono in media circa 66 giorni affinché una nuova abitudine diventi parte della routine. Sii paziente e costante: il cervello ha bisogno di tempo per adattarsi.

4. La Motivazione è la Chiave:

Identificare le Ragioni
Fissati obiettivi chiari e chiediti quali benefici aspettarti dalla tua nuova abitudine. La motivazione intrinseca è fondamentale; se compi azioni per soddisfare le aspettative altrui, la tua costanza potrebbe diminuire.

Stabilire Obiettivi Adeguati
Inizia con obiettivi a breve termine. Una volta consolidata l’abitudine, possono essere aumentate le difficoltà. Questo rafforzerà la tua fiducia e preparerà il terreno per sfide future.

5. Creare una Nuova Abitudine in 3 Step:

Step 1: Individua una sola Abitudine
Non cercare di cambiare tutto in una volta. Scegli un’abitudine e segui il metodo SMART: Specifica, Misurabile, Realizzabile, Realistico, e Temporizzato.

Step 2: Immagina il Futuro
Visualizza come la tua vita migliorerà adottando questa nuova abitudine. Mantieni una lista dei benefici vs. svantaggi per mantenere alta la motivazione.

Step 3: Scegli un Momento Preciso
Decidi un momento specifico della giornata per dedicarti alla tua nuova abitudine. Questo aiuta a integrare l’abitudine nella routine quotidiana.

6. Mantenere la Buona Abitudine:

Tieni Traccia dei Progressi
Usa un diario o un’app per monitorare i tuoi progressi. Segnare quando compi l’abitudine ti motiverà a continuare.

Coinvolgi Altri
Condividere il tuo obiettivo con un amico o familiare può aumentare il tuo impegno. Sostenersi a vicenda rafforza la motivazione.

Non Essere Troppo Rigido
Pertanto, se un giorno non riesci a rispettare l’abitudine, non scoraggiarti. La coerenza è importante, ma un piccolo “passo indietro” non significa fallimento.

7. Conclusione: La Forza delle Abitudini

Le abitudini quotidiane plasmano la nostra vita e possono portare a cambiamenti significativi. Concentrati su piccole azioni ripetute nel tempo per raggiungere i tuoi obiettivi e diventare la migliore versione di te stesso. Ricorda: “Andare piano per andare veloce“.

Iniziare con piccole modifiche quotidiane può portare a grandi risultati. Sii paziente e costante, perché ogni passo conta.

I due libri che mi hanno cambiato la vita (in meglio) e che ti consiglio:

1. IL POTERE DELLE ABITUDINI di Charles Dwigg
2. ATOMIC HABITS PICCOLE ABITUDINI PER GRANDI CAMBIAMENTI di James Clear

Buona fortuna nel tuo viaggio di trasformazione!

osteopatia e pavimento pelvico

IL PAVIMENTO PELVICO: COS’E’

È un insieme di muscoli e tessuto connettivo posto alla base dell’addome. Fa parte della pelvi, detta anche regione pelvica, insieme:

  • alle ossa del bacino o cintura pelvica;
  • alla cavità pelvica, che contiene gli organi pelvici: vescica, retto, sigma (una parte del colon) e anche utero, tube, ovaie vagina nella donna, prostata, dotti deferenti e vescichette seminali nell’uomo;
  • al perineo, l’area che va dalle ossa pubiche al coccige.

COMPONENTE MUSCOLARE:

Il pavimento pelvico è una sovrapposizione di strati di muscoli e legamenti, tesi come un’amaca, chiamati anche diaframma pelvico.

I diaframmi sono tutte strutture disposte in senso orizzontale, allo scopo di separare le cavità tra loro e sostenere/massaggiare=stimolare la peristalsi.

Il pavimento pelvico si estende dall’osso pubico, anteriormente, al coccige, posteriormente e si suddivide in 3 strati:

  • DIAFRAMMA PELVICO, strato più interno, costituito dal muscolo elevatore dell’anno;
  • DIAFRAMMA URO-GENITALE, strato intermedio, costituito dal muscolo traverso profondo del perineo e dai legamenti pubo-ureterali;
  • STRATO SUPERFICIALE DEGLI SFINTERI, strato più superficiale, costituito da quattro muscoli: il traverso superficiale del perineo, lo sfintere esterno dell’anno, l’ischio-cavernoso e il bulbo cavernoso.

Il diaframma pelvico sostiene quindi i visceri, quali: vescica, utero, prostata, retto. Regola i movimenti della vescica e intestino (disfunzioni di quest’area infatti possono portare ad incontinenza, stipsi, difficoltà svuotamento. Ha un importante ruolo posturale (stabilizza bacino e parte bassa della schiena), una pelvi tonica (ma non ipertonica) insieme ad un lavoro sinergico del supporto addominale sostengono e proteggono la colonna lombare. Sono coinvolti anche nelle funzioni sessuali (per entrambi i sessi), questi muscoli si contraggono durante l’atto sessuale e l’orgasmo stesso, e ovviamente sono molto sollecitati durante la gravidanza ed il parto, e post parto.

CAUSE DI DISFUNZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO:

  • di natura sportiva (snowboard, pattinaggio, equitazione)
  • semplicemente post impatto da caduta sul sacro/coccige
  • stress posturale ripetuto (posture sedute prolungate che provocano compressione ed irritazione)
  • sedentarietà (viceversa contribuisce a rendere la muscolatura ipotonica ed atrofica)
  • post chirurgico (episiotomia= i tratta di una incisione chirurgica del perineo e della vagina, praticata per allargare l’orifizio vaginale e facilitare il passaggio del feto.) o chirurgia di altro tipo che leda i muscoli pelvici o crei aderenze interne.
  • post gravidanza (in base a tanti fattori tra cui: durata del travaglio, intensità delle contrazioni e direzione, posizione all’atto del parto, parto stesso) diastasi addominale ed ipotonia del pelvico con tendenza al prolasso. Spesso le anterolistesi vertebrali sono una conseguenza.
  • Endometriosi, dismenorrea, ovaio policistico
  • Colon irritabile
  • Pessima abitudine di trattenere fin da piccoli cacca o pipì
  • Trauma psicologico
  • Obesità
  • Invecchiamento
  • Lavori pesanti o sforzi eccessivi pressori (pesistica)
  • Prostatite o rimozione prostata (nell’uomo)

Distinguiamo due categorie di problemi del pelvico legate ad IPERTONO o IPOTONO:

Sintomi da IPERTONO:

  • DOLORE: questa sensazione dolorosa può manifestarsi come un disagio generale o come una pressione avvertita nella zona pelvica, nella parte bassa della schiena o sui fianchi.
  • dolore vaginale o rossore nella donna; deficit di rilassamento durante l’eiaculazione con eiaculazione ritardata, nell’uomo.
  • dolore e fastidio durante e dopo un rapporto sessuale;
  • spasticità dei muscoli del pavimento pelvico;
  • incapacità di rilassare completamente i muscoli del pavimento pelvico.
  • difficoltà di transito e svuotamento intestinale o alla minzione
  • emorroidi
  • ragadi anali
  • lombalgia
  • dolori all’anca

Sintomi da IPOTONO:

L’ipotonia del pavimento pelvico, frequente nel post parto e in menopausa. Un pavimento pelvico ipotonico è un pavimento pelvico che perde la sua capacità di sostegno degli organi interni.

In questi casi è fondamentale eseguire una riabilitazione volta al rinforzo della muscolatura pelvica, attraverso degli esercizi di contrazione.

Nella donna:

  • incontinenza urinaria, di feci o gas, soprattutto durante attività fisiche intense o colpi di tosse;
  • prolasso uterino, vescicale o rettale;
  • scarsa o assenza di sensibilità durante i rapporti sessuali penetrativi;
  • sensazione di peso perineale pelvico, vaginale o anale.

Nell’uomo:

  • disfunzione erettile, incapacità a raggiungere e/o mantenere un’erezione;
  • eiaculazione precoce;
  • incontinenza urinaria, di feci o gas;
  • sensazione di pesantezza nella zona pelvica.

DISFUNZIONI DEL PAVIMENTO PELVICO: COME TRATTARLE

  • La terapia manuale osteopatica: prima di partire subito con la ginnastica sarebbe ottimale cercare di sbloccare le forti tensioni profonde tramite tecniche e manovre dolci. Lo scopo del trattamento osteopatico sarà quello di andare a normalizzare i tessuti del pavimento pelvico, riducendone l’ipertono ed eliminando fastidiose contratture muscolari. Inoltre, si andrà a lavorare sulla mobilità e sulle disfunzione dello scheletro osseo del bacino: articolazioni sacroiliache, sacro e vertebre lombari, inclusi i potenti legamenti (sacro tuberosi, sacro coccigei, sacro spinoso) ed una lavoro specifico sulle fasce muscolari della fossa iliaca (elevatore anale, muscolo ischio coccigeo, puborettale, pubococcigeo, ileo coccigeo, otturatore interno e piriforme). Ma anche tecniche dirette viscerali rivolte agli organi uro-genitali, vescica e utero. E ancora, si può lavorare sulla mobilità, e indirettamente sulla funzionalità, degli organi in esso contenuti (utero, ovaie, legamenti uterini, vescica e ureteri). Durante il trattamento osteopatico il corpo è sempre considerato nella sua interezza dato che potrebbero esserci tensioni che provocano disturbi in altri punti, per cui potrebbero rendersi necessarie delle manipolazioni anche a livello degli arti inferiori, della colonna vertebrale, del torace e del cranio.
  • la chinesiterapia pelvi-perineale o ginnastica pelvica, un piano di esercizi di contrazione e rilassamento utili a controllare e potenziare i muscoli pelvici (tramite esercizi ipopressivi che coinvolgono il trasverso dell’addome o di core stabilty);
  • il biofeedback, tecnica strumentale capace di fornire al paziente un feedback in tempo reale sulla contrazione dei muscoli pelvici, migliorando così la consapevolezza e il controllo;
  • l’elettrostimolazione, utile in particolar modo per i pavimenti pelvici ipotonici, poiché è in grado – attraverso impulsi elettrici controllati che inducono delle contrazioni – di promuovere il recupero della forza e della resistenza dei muscoli pelvici

SALUTE DEL PAVIMENTO PELVICO TRAMITE LA PREVENZIONE:

  1. respirare con il diaframma: oltre che rendere la ventilazione più efficiente e sciogliere la tensione da collo e spalle, ciò dà beneficio anche a perineo e intestino;
  1. curare l’alimentazione: inserire nella propria dieta un equilibrato apporto di fibre garantisce la regolarità del transito intestinale ed evita quindi carichi sugli organi pelvici;
  2. usare lo sgabello fisiologico per evacuare: ovvero un rialzino per wc che consente di sollevare i piedi e di assumere una posizione accovacciata (squat) adatta a svuotare l’intestino senza difficoltà;
  3. non forzare l’evacuazione: se l’intestino funziona correttamente, non c’è che da assecondare lo stimolo; in caso contrario si vanno ad affannare gli sfinteri;
  4. non trattenere gli stimoli fisiologici: il bisogno di urinare o defecare non va rinviato, gli sfinteri possono contrarsi eccessivamente e favorire stitichezza e incontinenza;

Affanno e Reflusso Gastroesofageo: Una Relazione Nascosta

L’affanno, noto anche come dispnea, è una sensazione di difficoltà respiratoria che può influire significativamente sulla qualità della vita di chi ne soffre. Spesso, l’affanno è associato a problemi di natura psicologica come l’ansia, o respiratori come l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) o le malattie cardiache. Tuttavia, c’è una connessione meno conosciuta ma altrettanto importante tra l’affanno e il reflusso gastroesofageo (GERD).

Cosa è il Reflusso Gastroesofageo (GERD)?

Il reflusso gastroesofageo è una condizione in cui i contenuti acidi dello stomaco ritornano nell’esofago. Questo può causare sintomi come bruciore di stomaco, rigurgito acido e dolore al petto. Ma il GERD può anche avere sintomi meno evidenti, tra cui tosse cronica, raucedine e, sorprendentemente, l’affanno.

Il Collegamento tra Affanno e GERD

L’affanno può verificarsi in seguito al GERD a causa di vari meccanismi. Ecco come queste due condizioni sono collegate:

Irritazione dell’Esofago: Quando il contenuto acido dello stomaco refluisce nell’esofago, può causare irritazione e infiammazione dell’area. Questo può portare a una sensazione di costrizione o irritazione nella gola, che può essere erroneamente interpretata come affanno.

Aspirazione di Acido: In alcuni casi, il reflusso acido può salire fino alle vie aeree, irritando i polmoni e causando tosse e difficoltà respiratorie.

Spasmi dell’Esofago: Il reflusso gastroesofageo può causare spasmi nell’esofago, che possono rendere la deglutizione difficile e provocare sensazioni di affanno.

Posizione Supina: Molte persone sperimentano sintomi di GERD quando sono sdraiate. Questo può causare un peggioramento dei sintomi durante il sonno, causando affanno notturno.

Gestione e Trattamento:

Se sospetti una connessione tra il tuo affanno e il reflusso gastroesofageo, è importante consultare un medico per una valutazione accurata. Il trattamento dell’affanno associato al GERD di solito comporta la gestione del GERD stesso. Ecco alcune misure che possono aiutare:

  1. Cambiamenti nella Dieta: Riduci il consumo di cibi piccanti, grassi, cioccolato, caffè e alcol, che possono scatenare il reflusso acido. Mangia pasti più piccoli e più frequenti.
  2. Sollevare la Testa del Letto: Dormire con la testa del letto sollevata di alcuni centimetri può aiutare a prevenire il reflusso notturno.
  3. Fare esercizi respiratori: estremamente utili per mantenere l’elasticità dei muscoli respiratori, soprattutto il diaframma sotto il quale poggia proprio lo stomaco.
  4. Farmaci: Il tuo medico potrebbe prescrivere farmaci per ridurre l’acidità dello stomaco o per migliorare la motilità dell’esofago.
  5. Cambiamenti nello Stile di Vita: Perdere peso, smettere di fumare e ridurre lo stress possono contribuire a migliorare i sintomi.
  6. Chirurgia: In casi gravi o quando il trattamento conservativo non è efficace, il medico potrebbe raccomandare la chirurgia per prevenire il reflusso.

Conclusioni:

La relazione tra l’affanno e il reflusso gastroesofageo è spesso trascurata, ma può essere significativa. È importante consultare un medico se sospetti che il GERD stia contribuendo ai tuoi sintomi di affanno, ma allo stesso tempo è fondamentale lavorare tramite un approccio preventivo. Una gestione adeguata del GERD può migliorare notevolmente la qualità della vita e aiutarti a respirare più facilmente.

ESERCIZI DI CORE STABILTY: PERCHE’ TUTTI DOVREMMO FARLI

CORE STABILITY: DI COSA SI TRATTA

Il termine core fa riferimento al centro o al nucleo del corpo e comprende l’insieme dei muscoli profondi, responsabili della postura, che si trovano tra le costole e il bacino, attorno alla colonna vertebrale (addominali, muscoli pelvici e della schiena). Sono il centro dell’energia del corpo e lo aiutano ad essere più stabile.

Invece la core stability o stabilità del core è l’insieme degli esercizi volti a migliorare la propriocezione e il tono delle strutture che compongono il core.

Avere un core tonico può migliorare le performance dello sportivo. Inoltre, gli esercizi per la core stability sono spesso usati nella terapia per il mal di schiena e protezione e sostegno della colonna vertebrale. Sono esercizi posturali preventivi ed anche riabilitativi a tutti gli effetti!

Praticandoli con costanza, questi esercizi di core stability rinforzano e stabilizzano la schiena, tonificano tutta la cintura addominale, proteggendo quindi la colonna lombare. Rendendoci più preparati, pronti e consapevoli nei movimenti, sopperendo quindi a sforzi e posture scorrette nella nostra vita quotidiana.

Un utilizzo errato della core stability induce a problematiche di varia natura alla schiena, quest’ultima particolarmente vulnerabile e predisposta a degenerazioni in corrispondenza di movimenti irruenti e sbagliati.

CORE: DI QUALI MUSCOLI SI COMPONE

L’area del tronco è delimitata in alto dal diaframma, e in basso dal pavimento pelvico (due grosse ed importanti aree muscolari trasversali). Invece, anteriormente e lateralmente, abbiamo la fascia addominale (principalmente retto dell’addome e il trasverso). Mentre posteriormente, il quadrato dei lombi e i muscoli profondi della colonna vertebrale.

I muscoli profondi che si attivano con gli esercizi di core stability sono:

Anterioremente:

  • Addominali obliqui
  • Trasverso addominale

Posteriormente:

  • Lombari
  • Grande e Medio gluteo
  • Dorsali
  • Muscoli Paravertebrali ed Erettori spinali

PERCHEE’ IMPORTANTE ALLENARE IL CORE:

La core stability ha una grande rilevanza nella vita quotidiana, apporta numerosi vantaggi a chi la adotta. L’importanza principale è riscontrabile nell’alleviamento del mal di schiena, cioè tutte quelle problematiche legate alla parte posteriore del corpo, particolarmente soggette al carico di muscoli e ossa.

Migliora la postura:

Riduce il mal di schiena proteggendo la colonna vertebrale: gli esercizi di core stability sono utilizzati anche a fini terapeutici perché i numerosi esercizi previsti aiutano a combattere il mal di schiena cronico e i dolori lombari, cervicali o articolari.

Aumenta la nostra consapevolezza nei movimenti e gesti quotidiani (propriocettività):

L’esecuzione di un movimento fatto in modo consapevole previene numerosi traumi da sforzo o gesto brusco ed incontrollato.

Migliora le performance sportive e ne riduce il rischio infortuni:

Uno dei benefici da non sottovalutare assolutamente risiede nel mantenere una performance sportiva all’altezza, dovuto al miglioramento graduale della flessibilità. I muscoli necessitano di allenamenti specifici per garantire le massime performance, la core stability riduce al minimo i potenziali infortuni muscolari, offrendo al soggetto una pianificazione più oculata del suo allenamento. Tantissimi sportivi utilizzano la core stability per migliorare le loro prestazioni fisiche durante l’anno.

Tonifica il pavimento pelvico e la parete addominale (con effetto pancia piatta):

Molto utile laddove sono presenti prolassi o lassità pelviche e diastasi addominali post parto (partendo però inizialmente con gli esercizi ipopressivi di vacuum addominale). Il centro del corpo, ovvero la pancia, viene sollecitato in tutti gli esercizi grazie al lavoro degli addominali profondi, in particolare del muscolo trasverso.

ERRORI DA EVITARE DURANTE L’ESECUZIONE DEGLI ESERCIZI DI CORE STABILITY:

Velocità di esecuzione: la lentezza nell’esecuzione è l’arma vincente. Qui la velocità non serve a nulla. La riuscita di un esercizio, soprattutto della core stability, passa attraverso l’esecuzione perfetta dei movimenti. Uno spostamento lento è sicuramente una condizione migliore per i muscoli che stanno risvegliandosi, condizione che può essere velocizzata quando si è completamente attivi. La parola chiave è lentezza ed armonia dei gesti.

E’ prevista una gradualità di lavoro in base al livello di allenamento: si parte con degli esercizi più statici (per principianti) oppure con esercizi dinamici, se sei allenato. Non avere foga di volere fare troppo fin da subito. Soprattutto se sei poco allenato o soffri di mal di schiena: ogni esercizio statico deve essere mantenuto per un tempo che va da 10 a 30 secondi massimo, per 3 o 4 serie. Il tempo di tenuta statica si prolungherà gradualmente in base al livello di allenamento e di gestione del dolore. Invece negli esercizi dinamici si lavora con 6/8 ripetizioni per esercizio.

La respirazione ha un ruolo fondamentale durante l’esecuzione: non rimanere mai in apnea! Inspira dal naso ed espira dalla bocca mantenendo sempre un tono di base addominale (ovvero la pancia sempre un pò richiamata indentro per lavorare col trasverso addominale).

Rilassamento addominale: non rimanere mai con l’addome rilassato, come detto prima mantieni sempre un minimo tono di base del trasverso dell’addome tenendo la pancia sempre un pò risucchiata in dentro, questo serve a proteggere la colonna lombare e mantenere il bacino in leggera retrovesione.

Allineamento dei vari segmenti della colonna vertebrale: quando si eseguono gli esercizi ricordati di scannerizzare ogni parte del tuo corpo allineando i vari segmenti in modo da mantenere sempre la colonna vertebrale in linea retta, quindi anche la testa deve sempre essere dritta, la curva cervicale in asse, bisogna sempre immaginare che idealmente ci sia un filo che esce dall’apice del nostro capo e venga sempre un pò tirato verso l’alto. Quindi attenzione a non insaccarti.

ESERCIZI DI CORE STABILITY LIVELLO BASE

REFLUSSO GASTROESOFAGEO: SINTOMI, CAUSE, PREVENZIONE

La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) consiste nella risalita involontaria e frequente di materiale acido dallo stomaco all’esofago; i succhi gastrici, venendo così a contatto con la parete dell’esofago provocano rigurgito acido in bocca e un intenso bruciore retrosternale. 

La risalita di materiale acido dallo stomaco all’esofago è un evento fisiologico durante la giornata e si verifica maggiormente dopo i pasti o in seguito al consumo di bevande gassate e pasti eccessivi (forma occasionale di reflusso).

Quando invece la frequenza degli episodi si ripete con continuità (almeno una volta a settimana), si parla di vera e propria malattia da reflusso gastroesofageo.

Il reflusso gastroesofageo è molto comune in tutto il mondo ed ha dai picchi di acutizzazione ai cambi di stagione, soprattutto in primavera.

Secondo le statistiche in Italia sarebbe il 30% della popolazione a soffrire della malattia da reflusso gastroesofageo, mentre più in generale, nei paesi occidentali riguarderebbe il 20-40% della popolazione. Non sembra esserci differenza tra i due sessi.

SINTOMI:

possono presentarsi in modo continuo o intermittente durante la giornata; in quest’ultimo caso i momenti più frequenti sono in genere al risveglio, dopo i pasti, dopo sforzi fisici o durante la notte.

La sintomatologia inoltre, può essere legata anche ad altri fattori, come ad esempio la posizione del corpo (posizione sdraiata o piegata in avanti). I sintomi tipici della malattia sono:

  • Bruciore (pirosi) retrosternale: si irradia dalla parte bassa dello stomaco fino a torace e gola; questo sintomo può comparire o peggiorare in corrispondenza di specifici momenti della giornata
  • Rigurgito acido e amaro in bocca
  • Disfagia

Ulteriori sintomi che possono presentarsi sono: difficoltà di deglutizione, sensazione di nodo in gola, nausea, difficoltà digestive, tosse, raucedine, laringite o faringite, abbassamento della voce, asma, insonnia, otite, alitosi.

CAUSE:

La problematica è dovuta a malfunzionamenti del cardias, ossia lo sfintere esofageo inferiore che in condizioni normali permette il passaggio del cibo verso lo stomaco e ne impedisce il reflusso (tranne che in caso di vomito) in senso inverso. Quando però la corretta funzione del cardias viene meno, c’è la risalita di materiale acido nell’esofago e quindi l’insorgenza dei sintomi caratteristici del reflusso.

Oppure come conseguenza di disbiosi intestinali (sia di tenue che di colon), ossia alterazioni dell’equilibrio della flora batterica (microbiota) con manifestazioni infiammatorie di un po’ tutto il tratto digerente.

Il malfunzionamento del cardias e/o l’alterazione del microbiota posso essere causati da diversi fattori:

  • Abitudini alimentari poco salutari: consumo di quantità eccessive di cibo, caffè, alimenti grassi, cioccolata e assunzione frequente di bevande gassate.
  • Assunzione per lunghi periodi di alcuni medicinali: antibiotici, FANS, antidepressivi, calcio-antagonisti, progestina.
  • Stress: il nostro stomaco è come un “secondo cervello” e di conseguenza risente dei cambiamenti psicofisici causati da questa condizione. Letteralmente può essere qualcosa che non abbiamo digerito (un’evento o episodio spiacevole o shoccante).
  • Obesità: l’eccessiva presenza di grasso addominale aumenta la pressione sullo stomaco facilitando la risalita di materiale gastrico in esofago.
  • Presenza di ernia iatale: il normale funzionamento dello sfintere esofageo è alterato a causa del suo spostamento al di sopra del diaframma; in questa patologia infatti, una parte dello stomaco fuoriesce dalla sua sede naturale e spinge il cardias verso l’alto, che aprendosi provoca la risalita di materiale gastrico in esofago.
  • Fumo di sigaretta e alcol: la nicotina stimola la secrezione acida, rallenta lo svuotamento dello stomaco e compromette la tenuta dello sfintere esofageo; l’alcol invece irrita la mucosa dell’esofago facilitando il reflusso.
  • Gravidanza: il feto fa pressione sullo stomaco della mamma facilitando la risalita di materiale gastrico in esofago.

IMPORTANZA DELL’ALIMENTAZIONE:

E’ molto importante rivolgersi ad un nutrizionista esperto, però comunque in questo articolo ti esporrò alcune indicazioni base relative ad un’alimentazione antinfiammatoria, soprattutto se sei già in fase acuta, almeno da cercare di alleggerire l’apparato digestivo nell’immediato:

1) Ridurre le proteine animali a favore di quelle vegetali (soprattutto la carne rossa e latticini)

2) Ridurre i carboidrati vuoti, cioè privi di fibra, perché anch’essi pro infiammatori (pane, pasta, lieviti glutine raffinati), preferendo altri cereali quali (farro, orzo, riso rosso, quinoa).

3) Verdura, frutta (prevalentemente la mattina), frutta secca,le bacche, le radici.

4) Eliminare tutti i grassi idrogenati, lavorati industrialmente, fritti ed insaccati.

5) Tutti i cibi conservati, con additivi chimici aumentano la permeabilità intestinale, per cui fare molta attenzione, molto meglio cibi freschi.

6) Incrementare invece i grassi vegetali, come quelli contenuti nella frutta secca e nell’olio extravergine di oliva (controlla bene sulla marca dell’olio che sia prodotto in Italia e non in UE). Perché ricchi di omega 3, polifenoli e vit del gruppo B, E, C.

7) Integrare con Vit C e D.

8) Inoltre puoi sfiammare la mucosa intestinale con rimedi naturali come ad esempio il succo di aloe bevuto prima del pasto, o anche semplicemente una tazza di acqua calda bevuta prima dei pasti, melissa e camomilla in tisana dopo i pasti. La melissa, placa gli spasmi, regola la produzione di succhi gastrici e normalizza il transito, donando un leggero effetto di rilassamento; mentre la camomilla, con le sue proprietà calmanti, aiuta a contenere i sintomi spiacevoli di una cattiva digestione soprattutto in caso di pasti troppo pesanti.

9) E’ fondamentale riequilibrare la flora batterica facendo dei cicli con probiotici e prebiotici per almeno tre o quattro mesi (bifidobatterio e lactobacillo), assumendoli entrambi.

10) Non è solo ciò che mangio ma COME MANGIO: pasti frugali, masticazione rapida – magari mentre faccio una telefonata e parlo – mi impediscono di sminuzzare i bocconi a dovere, ingurgitandoli interi. Questo causerà maggiori difficoltà a digerirli, con maggior produzione di succhi gastrici. Inoltre, masticando veloce, o anche mentre parlo al tel per fare un esempio, fa sì che venga ingurgitata anche una gran quantità di aria, che chiaramente formerà delle bolle nello stomaco ed intestino. Se poi ci aggiungiamo un rapido rientro in ufficio, per stare seduto tutto il giorno alla scrivania, quindi fermi, con tutto il peso sullo stomaco ed in una posizione di chiusura dell’area gastrica, si vengono a creare tutte le condizioni sfavorevoli per sviluppare gonfiori e dolori. 

UNA PICCOLA PARENTESI SUI GASTROPROTETTORI:

Vorrei concludere aprendo una piccola parentesi sui farmaci gastroprotettori (o inibitori della pompa protonica). L’OMS suggerisce vivamente di evitare di somministrare ai pazienti terapie oltre le sei settimane consecutive.

Ergo: è inutile prendere gastroprotettori a vita, se poi ci si continua ad alimentare in modo sbagliato e senza cercare di riequilibrare la flora batterica, sfiammando le strutture dall’interno. Soprattutto perché, alla lunga, anche gli inibitori di pompa protonica, creano diversi effetti collaterali, tra i quali:

  1. riduzioni delle secrezioni acide e gastriche
  2. inibizione di gran parte del processo digestivo delle proteine (per forte riduzione dell’acido cloridrico)
  3. il trattamento cronico con il prazolo riduce l’assorbimento della Vit. B12 (= anemia).
  4. incremento dei livelli ormonali di gastrina a livello ematico (= incremento del rischio di iperplasia gastrica)
  5. sviluppo di metaplasia (abbassandosi drasticamente l’acidità gastrica, all’interno dell’antro pilorico abbiamo la formazione di un tessuto molto simile a quello dell’intestino). La metaplasia è dunque un adattamento all’ambiente mutato. In questo caso ad una diminuzione di acidità. Ma la metaplasia costituisce anche l’ultimo passaggio che precede la neoplasia.

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=33651

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26177572/